Parere su possibilità di esecuzione del Papanicolau-test (pap-test) da parte dell'infermiere, condiviso dal Comitato centrale e dall'Ufficio legale della FNCO
Premesso che:
1. Tra le professioni sanitarie non mediche, l’attività di diagnosi, è una competenza attribuita all’ostetrica svolta in autonomia o quale membro dell’equipe sanitaria. Essa nello specifico include le seguenti responsabilità: accertare la gravidanza, valutare gli esami per il controllo dell’evoluzione della gravidanza fisiologica e per l’individuazione di gravidanza a rischio, identificare segni e sintomi d’anomalia nella madre e nel bambino, esaminare il neonato e partecipare alla prevenzione e all’accertamento dei tumori della sfera genitale femminile.
Invero, l’ostetrica ha il potere-dovere di riconoscere e distinguere le situazioni fisiologiche e quelle potenzialmente patologiche in ambito ostetrico, ginecologico e neonatale, come chiaramente indicato nelle normative nazionali ed europee, ovvero, il D.M. 740/94; il Codice deontologico dell’ostetrica/o del 2010; la l. 42/99; il D. Lgs. 206/2007; la Dir. EU 2005/36/CE).
2. Saper riconoscere e distinguere le situazioni fisiologiche e quelle potenzialmente patologiche in ambito ostetrico, ginecologico e neonatale, è una responsabilità acquisita dall’ostetrica attraverso il percorso formativo universitario, Laurea in Ostetricia della durata triennale, il cui Esame di Stato abilita alla professione. Il training formativo include tra gli obiettivi irrinunciabili anche l’ apprendimento teorico-pratico specifico nell’ambito della prevenzione dei tumori della sfera genitale femminile incluse le metodiche di screening per la diagnosi precoce, tra cui il pap-test.
3. Per quanto concerne l’infermiere, diversamente la normativa di settore, nazionale e comunitaria (DM 739/94; l. 42/99; l. 251/2000; Dir. 2005/36/CE), fa riferimento a questa figura professionale come “responsabile dell’assistenza generale” i cui ambiti di competenza specifica non includono le attività assistenziali in ambito ostetrico-ginecologico.
Si deduce che
Affidare all’infermiere, sebbene di sicura esperienza nel proprio settore disciplinare, l’esecuzione del Pap-test non risulta appropriato dovendo essere svolte da un medico esperto o da un’ostetrica, in quanto esami che richiedono una formazione specialistica.
Nello specifico, il D.M.740/94 Art.1 lettera d - prevede che l’ostetrica per quanto di sua competenza, partecipa alla prevenzione e all'accertamento dei tumori della sfera genitale femminile.
L’esecuzione del Pap-test non è un semplice prelievo di materiale biologico. Tale metodica richiede conoscenze specifiche ed aggiornate, abilità manuali, competenze relazionali considerata la sfera emozionale ed intima della donna. Le ostetriche oltre ad eseguire la metodica con perizia (procedura e strumenti adeguati al caso clinico) vedono mettere in atto una raccolta anamnestica ostetrico-ginecologica necessaria per inquadrare lo stato di salute della donna, per riconoscere anche le caratteristiche anatomiche dei genitali esterni da virgo e non, di un parto avvenuto per via vaginale, di anomalie anatomiche e funzionali dei genitali, processi infettivi ecc; devono riconoscere eventuali segni e sintomi che meritano un approfondimento diagnostico a carico dei genitali interni ed esterni, in regione periuretro-anale, ecc.
Nell’ipotesi che venga attribuito all’infermiere l’esecuzione del Pap-Test ancorché non rientri nella sua sfera di competenza, , l’ostetrica, tanto più se ricopre un ruolo dirigenziale e di coordinamento, ha l’obbligo di segnalarlo alla Direzione Sanitaria e alla Direzione Generale, a tutela della salute della paziente al fine di garantire prestazioni di qualità ed in sicurezza.
Invero, il professionista non in grado di affrontare un’attività o che venga incaricato di eseguire interventi a lui non attribuiti dalle normative vigenti, ha l’obbligo, per non cadere in responsabilità, di rifiutare l’adempimento, piuttosto che mettere a rischio la paziente non astenendosi.
In tali casi il delegante (medico specialista, responsabile dell’UO, dirigente/coordinatore delle professioni sanitarie) può rispondere per “culpa in eligendo”, mentre al subordinato potrebbe muoversi la censura di colpa per “imprudente assunzione” . Infatti, nel momento in cui si instaura un rapporto tra la paziente che richiede una prestazione sanitaria ed il sanitario chiamato ad effettuarla, quest’ultimo assume una “posizione di garanzia” che può essere trasmessa anche ad altri soggetti in organico alla struttura, la cui scelta rimane affidata al capo o al responsabile della struttura stessa potendosi profilare estremi di responsabilità per “culpa in eligendo”.
L’ostetrica in ottemperanza ai poteri-doveri giuridici impeditivi, per scongiurare condotte colpose altrui che si configurano nei suoi confronti, dovrebbe prontamente informare la figura apicale (D. Lgs. 229/99) la cui responsabilità dell’organizzazione e gestione della struttura assegnata, non può non comprendere anche l’attività infermieristica.
A ciò va aggiunta anche un’ulteriore considerazione, con riferimento ai modelli organizzativi adottati dalle singole strutture, all’interno delle quali si verificano sovrapposizione di competenze di categorie professionali differenti; tale fenomeno, peraltro assai frequente, è indice di una inefficace strategia aziendale, quale espressione di una inappropriata analisi della domanda specifica di salute riproduttiva richiesta alla singola struttura dalla quale può conseguire attribuzione di prestazioni a figure non abilitate.
E’ riscontrabile spesso la circostanza che nelle Aziende Sanitarie si susseguano concorsi per posizioni interne da infermiere, piuttosto che da ostetrica, in quanto ritenute figure professionali maggiormente poliedriche e meglio adattabili a molteplici situazioni di necessità interna.
Tale modus operandi, si traduce frequentemente in un aggravio delle modalità operative del settore ostetrico/ginecologico, cui non vengono destinate sufficienti risorse umane, con l’inevitabile conseguenza che il personale infermieristico travalichi le proprie attribuzioni, invadendo le competenze del personale ostetrico nonostante le chiare e numerose normative nazionali, europee e gli specifici percorsi formativi universitari .
In proposito, ha avuto modo di esprimersi nel 1999 anche il Consiglio Superiore della Sanità, che sebbene sia un organo consultivo, tra le righe tradisce le finalità che sottintendono a tale impostazione, in un momento storico dove si registrava sul territorio nazionale una carenza della figura ostetrica. Ed infatti, in un parere (CSS, II sez., del 14/04/99, ma anche CSS, III sez., del 23/04/82), si esprimeva favorevolmente rispetto all’espletamento di accertamenti, normalmente di competenza del personale ostetrico, effettuati da infermieri, avendo tenuto conto sia delle rilevanza sociale dell’accertamento sia della mole quantitativa dello stesso e sia delle similari tendenze seguite anche nell’UE, e sosteneva che in caso di carenza della figura professionale ad esse deputata, tali accertamenti potevano essere effettuati, appunto, dall’infermiera responsabile dell’assistenza generale, previa frequenza di un corso specifico di formazione teorico-pratico.
Si fa presente che a distanza di 12 anni il sistema salute italiano si trova in una situazione completamente ribaltata in tema di occupazione e di disponibilità di personale infermieristico ed ostetrico; da diverse e recenti indagini su tassi di occupazione delle professioni sanitarie e tenuto conto dei diversi comunicati stampa da parte degli organi ufficiali di categoria infermieristica e ostetrica si rileva oggi una carenza di infermieri e contrariamente si registra una preoccupante disoccupazione tra le ostetriche italiane.
Alla luce di questo pronunciamento si può argomentare a contrario che in presenza di un accertamento specialistico, quale quello del prelievo citologico ai fini della diagnosi precoce del carcinoma della cervice,nel caso del l PAP-TEST non può considerarsi sufficiente la specializzazione di una figura professionale ascrivibile al personale infermieristico responsabile dell’assistenza generale. Pertanto risulta evidente che tale riparto di competenze è reso necessario da una linea di discrimine tra l’attività ordinaria di carattere assistenziale e supporto ed un’altra, caratterizzata da un quid pluris di specializzazione, conseguibile soltanto attraverso un percorso formativo accademico diversamente abilitante ed orientato ad acquisire conoscenze e tecniche di intervento specialistico nell’ambito dell’assistenza ostetrica, ginecologica, altrimenti non possedute.
Certamente non può essere una carenza di personale o di professionalità all’interno della Struttura a poter giustificare l’espletamento di accertamenti specialistici a personale non sufficientemente qualificato, tantomeno abilitato dallo Stato. Vi è un preciso onere della dirigenza ospedaliera affinché all’interno della struttura tutti i servizi pubblici erogati siano orientati, organizzati e gestiti nel rispetto del principio del buon andamento della pubblica amministrazione, che si traduce nell’improntare l’azione amministrativa, quale è la predisposizione dei servizi sanitari, ai parametri dell’efficienza, sicurezza ed efficaci delle prestazioni fornite. In questo contesto, rispettando tali vincoli, dovrebbe ottenersi un servizio effettuato da personale atto ad espletarlo, all’interno di livelli di qualità prefissati e con il minor impiego di risorse.
Non è infatti più ammissibile che vi sia un servizio predisposto con personale non allo scopo qualificato che sopperisce alle carenze di organico non giustificate dal normale bilanciamento tra domanda ed offerta di salute rispetto a quel tipo di prestazione sanitaria. Invero di accertamenti ed i prelievi specialistici, come il PAP-TEST, di regola effettuati da personale ostetrico, ma eseguiti da personale infermieristico responsabile dell’assistenza generale, previa formazione teorico-pratica.
In presenza di una simile situazione si potrebbe anche ipotizzare una responsabilità che chiama in causa l’ente per deficit organizzativo o strutturale (non corretta gestione delle liste di attesa, omesso o insufficiente approntamento di presidi, disorganizzazione dei reparti, carenze dell’organico). Potrebbe cioè individuarsi una responsabilità della struttura, autonoma, non fondata sui fatti illeciti dei singoli medici-dipendenti.
La struttura ha infatti l’obbligo di garantire la sicurezza delle cure predisponendo la dovuta organizzazione, potendosi rinvenire anche collegamenti causali tra organizzazione deficitaria e danni al paziente per inosservanza degli standard di sicurezza imposti dalla legge.
L’art. 8 quater Dlgs 502/1992 p.4, determina l’obbligo per le strutture accreditate di garantire dotazioni strumentali e tecnologiche appropriate per quantità, qualità, funzionalità, adeguate condizioni di organizzazione interna, con specifico riferimento alla dotazione quantitativa e qualificazione professionale del personale impiegato.
CONCLUSIONI
Alla luce delle normative italiane ed europee in materia di attribuzione di responsabilità specifiche al personale sanitario, appare evidente che gli esami specialistici in ambito ginecologico, come appunto il pap-test, non rientrino tra le competenze dell’infermiere responsabile dell’ assistenza infermieristica generale.
Il pap-test deve essere eseguito rigorosamente da personale qualificato e abilitato, che abbia frequentato un percorso formativo specialistico universitario. In questo caso oltre al medico specialista anche l’ostetrica/o.
Nello specifico, il D.M.740/94 Art.1 lettera d - prevede che l’ostetrica per quanto di sua competenza, partecipa alla prevenzione e all'accertamento dei tumori della sfera genitale femminile.
L’esecuzione del Pap-test non è un semplice e banale prelievo di materiale biologico.
Tale metodica necessita di conoscenze specifiche e costantemente aggiornate, abilità manuali, competenze relazionali considerata la sfera emozionale ed intima della donna, nonché capacità nel saper riconoscere segni e sintomi che deviano dalla normalità nell’ambito della sfera riproduttiva.
Dell’autorevole parere del CSS, organo consultivo (CSS, II sez., del 14/04/99, ma anche CSS, III sez., del 23/04/82), si condivide il principio che il pap--test riveste una importate rilevanza sociale nella tutela della salute della popolazione femminile. Mentre si ritiene che attribuire l’esecuzione del pap-test, in carenza di personale ostetrico abilitato, all’infermiere adeguatamente formato, sia una indicazione in conflitto con l’art. 8 quater Dlgs 502/1992 p.4, che determina l’obbligo per le strutture accreditate di garantire dotazioni strumentali e tecnologiche appropriate per quantità, qualità, funzionalità, adeguate condizioni di organizzazione interna, con specifico riferimento alla dotazione quantitativa e qualificazione professionale del personale impiegato o e abilitato.
A distanza di 12 anni dal parere del CSS il sistema salute italiano si trova in una situazione completamente ribaltata in tema di occupazione e di disponibilità di personale infermieristico ed ostetrico; oggi si registra, rispetto al passato, una carenza di infermieri e contrariamente un preoccupante fenomeno di disoccupazione per la categoria delle ostetriche.
E’ riscontrabile spesso la circostanza che nelle Aziende Sanitarie si susseguano concorsi per posizioni interne da infermiere, piuttosto che da ostetrica, in quanto ritenute figure professionali maggiormente poliedriche e meglio adattabili a molteplici situazioni di necessità interna.
Tale modus operandi, si traduce frequentemente in un aggravio delle modalità operative del settore ostetrico/ginecologico, cui non vengono destinate sufficienti risorse umane, con l’inevitabile conseguenza che il personale infermieristico travalichi le proprie attribuzioni, invadendo le competenze del personale ostetrico nonostante le chiare e numerose normative nazionali, europee e gli specifici percorsi formativi universitari .
Nell’ipotesi che venga attribuito all’infermiere il prelievo di materiale biologico utilizzato per il Pap-Test ancorché non rientri nella sua sfera di competenza, l’ostetrica, tanto più se ricopre un ruolo dirigenziale e di coordinamento, ha l’obbligo, anche deontologico, di segnalarlo alla Direzione Sanitaria e alla Direzione Generale, a tutela della salute della paziente al fine di garantire prestazioni di qualità ed in sicurezza.
Invero, il professionista non in grado di affrontare un’attività o che venga incaricato di eseguire interventi a lui non attribuiti dalle normative vigenti, ha l’obbligo, per non cadere in responsabilità, di rifiutare l’adempimento, piuttosto che mettere a rischio la paziente non astenendosi.
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